Milano è capacissima di promuovere sia importanti eventi (Expo, il Salone del Mobile ed il Fuorisalone, Bookcity), sia significative realizzazioni (i grattacieli di Porta Nuova). Però, questa capacità si scontra con il “giorno dopo giorno”, dove si segna il passo, dove ci si perde, dove non si riesce ad acquisire il ritmo, il metodo adeguato nelle periferie, tutte le periferie: quelle degradate, che vedono i loro epicentri nei quartieri di edilizia residenziale pubblica, evidenza di un metodo gestionale inadeguato, ma anche quelle che degradate non sono, la maggior parte, ma che comunque rimangono ai margini dell’attenzione cittadina. Periferie che non si spostano perché adesso c’è la Città Metropolitana, perché i problemi non si spostano, si risolvono.
“FARE MILANO”
In tale contesto si è collocata la presentazione di “Fare Milano” (12 dicembre), il progetto dell’Amministrazione comunale che traccia linee ed impegni della città dei prossimi anni, che ha nelle “Periferie” il punto centrale, con l’obiettivo di «annullare il divario tra una Milano che cresce e funziona ed una Milano che soffre e fa fatica» (Sindaco Sala). Con una previsione di spesa di 356 milioni (296 per progetti di ambiti strategici e 60 per cantieri con vocazione sociale), con cinque macro-progetti per altrettante zone della città: Qt8 e Gallaratese, Via Padova-Adriano-Rizzoli, Corvetto e Porto di mare, Giambellino e Lorenteggio, Niguarda e Bovisa. Con la messa a disposizione di 800 appartamenti sfitti e diversi progetti di riqualificazione di strade, spazi pubblici, aree verdi, con nuove scuole, un teatro per l’infanzia e adolescenza a Maciachini e una serie di progetti sociali (vedi).
CONTRATTI DI QUARTIERE
Ma le Periferie non possono rischiare di identificarsi con una serie di interventi, magari importanti, ma comunque limitati rispetto alle necessità, tra l’altro con un’avvertenza: troppo spesso ci sono stati risultati abbastanza lontani dalle attese, come avvenuto per i precedenti ed ancora in corso interventi nei cinque “Contratti di Quartiere” nelle case popolari di Mazzini, Ponte Lambro, Calvairate-Molise, Gratosoglio, Spaventa e San Siro, con la non indifferente spesa di 233 milioni! Infatti, gli interventi devono essere accompagnati “giorno dopo giorno”, perché la periferia ha bisogno di una attenzione costante e strutturale da parte di tutta la città, perché non è un problema settoriale, ma richiede un approccio interdisciplinare e sistemico.
MUNICIPI
Infatti, se la condizione delle periferie delle grandi città si presenta piuttosto differenziata, «comuni sono, invece, i punti deboli di uno sviluppo equilibrato riferibili sia alla mancanza di identità, che all’assenza di un’organizzazione amministrativa adeguata (la cosiddetta “governance”), che abbia l’obiettivo di definire una strategia complessiva» (Libro bianco sulla governance europea, Commissione Europea 2001).
In tale contesto, un ruolo determinante di raccordo deve essere svolto dai nuovi Municipi, il “centro amministrativo” vicino (altrimenti cosa ci stanno a fare, visto che l’evidenza dimostra che le periferie non si governano dal centro, né tanto meno “centralisticamente”?). Con un’avvertenza: governare le periferie non è rincorrere i problemi, il più delle volte incancreniti, bensì coglierli sul nascere, prevenirli, altrimenti la “periferia” diventa “periferia degradata”. Ciò utilizzando e collegando l’attività delle numerose funzioni comunali operanti in ogni Zona-Municipio, che invece agiscono settorialmente, senza collegamenti con le altre, poiché a livello di Zona-Municipio l’organizzazione comunale non lo prevede: si dice sempre che è necessario fare sistema, ma il primo che non lo fa, da sempre, è proprio il Comune di Milano con la sua organizzazione centralistica.. Allora, siamo sulla buona strada? Vedremo, anche se quanto accaduto sia nel passato sia recentemente non è incoraggiante, come il fatto che il regolamento dei Municipi non preveda competenze sulle case popolari, cosa prevista dal regolamento del 1977, anche se mai attuata. Quindi, quello dei Municipi è un aspetto “strategico”, da tenere in attenta considerazione, se non vogliamo ricadere in storiche illusioni, che datano dal 1968 con l’introduzione dei Consigli di Zona, che avrebbero dovuto restituire la centralità amministrativa ai territori degli antichi Comuni allora limitrofi a Milano ed annessi nel 1923. Ma i due regolamenti del decentramento approvati nel 1977 e nel 1997 non sono stati mai applicati ed ora siamo alla prova del regolamento del 2016.
“2017 – ANNO PER LE PERIFERIE”
Ma la condizione delle periferie evidenzia anche l’assenza di una classe dirigente, che non è quella che riesce a determinare i destini della città secondo i propri obiettivi, bensì quella che si carica sulle spalle il peso delle necessità, indicando un percorso utile alla comunità cittadina. Una responsabilità che deve essere diffusa, ma connessa, perché «Milano è come un operoso alveare, con tante celle che non comunicano tra di loro. Una Milano che non fa sistema» (Indagine Ipsos, Forum Brand Milano).
Ma perché ciò avvenga è necessario un “cambiamento mentale”, passare dalla richiesta alla proposta, ed anche un “fare sistema”, elemento mancante nella nostra città che, così, non riesce a mettere a fattor comune le energie e le capacità che pur esistono. In tale contesto si colloca il percorso “2017 – Anno per le Periferie di Milano”: una proposta che invita chi ha una sensibilità “periferica” alla condivisione, alla messa in comune ed alla costruzione, che vuole favorire la riflessione, ma anche l’azione, attraverso una progettazione partecipata, che deve crescere unitamente a chi è attivo nei quartieri e con le istituzioni.