In questi giorni il Sindaco Sala ha dichiarato che il Piccolo Teatro sarà in prima linea nelle periferie. In proposito, Sergio Escobar, direttore del Piccolo, ha tra l’altro dichiarato che «le periferie sono piazza Duomo e piazza Affari che dopo le 8 di sera si svuotano. Non faranno paura, ma fanno sentire molto soli» (Repubblica, 18.11.2016). Solo una semplificazione giornalistica?
Ma, d’altra parte il Massachusetts Institute of Technology di Boston ha censito almeno 200 diverse, talvolta contraddittorie accezioni di “periferia”. Peraltro, «le polemiche fra addetti ai lavori – architetti, sociologi, urbanisti – intorno a tanto lasco sostantivo lasciano spesso il tempo che trovano, perché articolate intorno a pseudoconcetti che si pretendono scientifici, di scarsa pregnanza euristica. Rivelatori di un complesso di inferiorità nei confronti delle scienze dure, che induce a scimmiottarle» (Indagine sulle periferie, Limes – 4/2016). Così, ciascuno dice la sua, ma le periferie restano lì.
Allora, al Piccolo Teatro chiediamo che, nell’ambito di una più ampia ed articolata iniziativa cittadina, diventi l’alfiere dei 100 Teatri professionali ed amatoriali che costellano la periferia milanese, ma che neppure i teatranti conoscono. Poi, possibilmente, che non sia un’esclusiva per “addetti ai lavori”.
VIA PADOVA
In una città, in una metropoli, la periferia è altro dal centro, non per forza in contrapposizione, ma è altro. Agire nella città come se i quartieri fossero intercambiabili, mettendo insieme il “Quadrilatero della moda” ed il “Quadrilatero Aler di San Siro” – come se i problemi delle relative Associazioni commercianti di Via fossero analoghi – non aiuta ad individuare le strumentazioni necessarie ad affrontare situazioni diametralmente diverse, possibilmente prevenendo i problemi.
In proposito, Via Padova è ritornata prepotentemente alla ribalta: per certi aspetti, sembra di essere ritornati al 2010 (anche allora ci fu un morto). Sembra proprio che il tempo sia passato inutilmente. Non è proprio così, cose ce ne sono state, ne sono emerse, ne sono state fatte. Peraltro, obiettivamente non adeguate alla situazione e, più in generale, a rispondere alle esigenze delle periferie.
Nell’aprile 2010, nell’ambito del ciclo “Periferia chiama! Milano risponde?”, Consulta Periferie Milano promosse a Figino un approfondimento sul tema “Dopo Via Padova, che succede?”, tra l’altro con la partecipazione di Carlo Bonaconsa, presidente del Comitato di Zona 2.
In particolare, venne prospettato un “metodo”, appunto, partendo dall’ipotesi avanzata dall’allora Amministrazione comunale, che prevedeva la costituzione di un “tavolo” che doveva presentare progetti (entro il 31 marzo 2010), composto da varie Direzioni centrali della struttura comunale (Aree Cittadine e Consigli di Zona; Attività produttive, Politiche del lavoro e dell’occupazione; Famiglia, Scuola e Politiche sociali; Polizia Locale e Sicurezza; Mobilità, Trasporti e Ambiente; Pianificazione e Controlli; i settori Commercio, Casa, Cultura, Relazioni internazionali e Sport).
Nello specifico, indicammo una strada: “In tutta la città bisogna rendere sistematica e non occasionale l’azione congiunta delle varie funzioni dell’Amministrazione comunale presenti nelle medesime Zone, mentre oggi operano disgiuntamente (così prevede la struttura organizzativa comunale). Quindi, in ciascuna Zona si possono costituire “Tavoli zonali” partecipati dai livelli locali delle sopra citate funzioni (coordinati dai Direttori di settore di ciascuna Zona e con i Presidenti dei Consigli di Zona?). Dunque, il metodo sarebbe simile. Ma, invece di rincorrere i problemi, si cercherebbe di prevenirli”. Ma non se ne fece nulla.
MUNICIPI
E siamo ai giorni nostri, con i nuovi Municipi che sono un po’ tutti da costruire, ma che non devono diventare l’ennesima opportunità mancata, dopo quarant’anni di nulla di fatto con i Consigli di Zona, cosa che non è stata certo un vantaggio per la periferia.
Ma se le Municipalità non sono per le periferie a cosa servono? Infatti, se la condizione delle periferie delle grandi città si presenta piuttosto differenziata, «comuni sono, invece, i punti deboli di uno sviluppo equilibrato riferibili sia alla mancanza di identità, che all’assenza di un’organizzazione amministrativa adeguata (la cosiddetta “governance”), che abbia l’obiettivo di definire una strategia complessiva» (Libro bianco sulla governance europea, Commissione Europea 2001).
Nella sostanza, quindi, è ora di restituire ai territori degli antichi comuni della cerchia milanese – l’attuale periferia – la capacità amministrativa della quale furono espropriati.
Da questo punto di vista, è opportuno rammentare che le periferie di Milano hanno subito un processo di “periferizzazione”: da Comuni con propria autonomia amministrativa sono diventate … periferie del Municipio di Milano, a seguito delle successive annessioni da parte dell’allora Comune di Milano dei comuni limitrofi, e conseguente cancellazione delle relative “unità di governo locale”. Il primo “esproprio” avvenne nel 1873: Milano annesse l’allora Comune dei Corpi Santi, che era contrario all’unificazione. Il secondo “esproprio” avvenne nel 1923 con l’annessione dei Comuni di Affori, Baggio, Chiaravalle, Crescenzago, Gorlaprecotto, Greco, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno e Vigentino. Insomma, per vari motivi, non ci fu mai un’unificazione condivisa, ma sempre imposta.
PERIFERIA-DEGRADO
Periferia che non è necessariamente degradata, anzi! E il binomio periferia-degrado alla lunga diventa un errore concettuale, con ripercussioni non indifferenti: ci condanna a riconoscere la periferia solo quando i problemi esplodono, quando il danno è fatto. Così, invece di prevenire, ci releghiamo ad inseguire i problemi, le emergenze (che sono sempre più veloci).
Invece, la periferia – che sconta grossi problemi dove la gestione è “pubblica”, come nel caso dei quartieri di edilizia residenziale pubblica (sui quali i Municipi non hanno competenza …) – ha bisogno di una attenzione costante e strutturale da parte di tutta la città, perché non è un problema settoriale, ma richiede un approccio interdisciplinare e sistemico. Quel “fare sistema” che, in particolare sul territorio, dovrebbe vedere protagonisti i Municipi perché “Milano è un operoso alveare, con tante celle che non comunicano tra di loro. Una Milano che non fa sistema” (Indagine Ipsos, Identità Milano).
10ª CONVENZIONE
In tale contesto si colloca la 10ª Convenzione delle Periferie di Milano di mercoledì 23 novembre 2016 sul tema “Periferie, abitare è cultura“, che cercherà di focalizzare i temi dell’abitare – con particolare attenzione ai quartieri popolari che, lo ricordiamo, in parte sono gestiti da Regione/Aler ed in parte da Comune/MM – e della cultura, a partire dalle numerose presenze sul territorio e dalle loro condizioni operative, non sempre ottimali. Intervengono:
- Mirko Mazzali, Delegato alle Periferie del Sindaco di Milano
- Roberta Osculati, Presidente Commissione Periferie del Consiglio comunale di Milano
- i promotori del Tavolo Periferie Milano
In proposito, la Convenzione delle Periferie, che nelle nove precedenti edizioni è stata promossa da Consulta Periferie Milano, quest’anno è presentata dal Tavolo Periferie Milano – attualmente partecipato da dieci soggetti, dall’associazionismo all’imprenditoria, dalla cooperazione alle università ed allo sport – che può offrire un approccio multidisciplinare e sistemico: Associazione Coordinamento Abitando ERP, Caritas Milano, Confcommercio Milano, Consulta Periferie Milano, Coordinamento Comitati Milanesi, Federazione Pallavolo Milano, Legacoop Lombardia, Mapping San Siro-Politecnico di Milano, MeglioMilano, Peri_Bicocca-Università degli Studi Milano Bicocca.
Infatti, siamo convinti che il tema periferie potrà sperare di essere affrontato adeguatamente se se ne farà carico l’intera città, mettendo in campo una pluralità di apporti, peraltro numerosi nella nostra città, ma frammentati. La Convenzione sarà un’occasione di conoscenza e di sviluppo di un percorso, di un “metodo” innovativi: o si fa sistema o rimaniamo a rincorrere le emergenze.