In questi ultimi mesi, non sembrano correre tempi particolarmente favorevoli per i teatri milanesi “periferici”, realtà che conta 109 teatri professionali o amatoriali. Infatti, alcuni sono stati costretti a chiudere, soprattutto per la necessità di adeguare gli impianti alle normative vigenti. Prima il Teatro Ringhiera (230 posti) in Zona 5, che si è dovuto inventare una stagione “on the road”, poi il Teatro Caboto (220 posti) in Zona 7, quindi il Teatro La Scala della Vita (90 posti) in Zona 4. Un periodo che, peraltro, registra anche un elemento positivo, come la rinascita del Teatro Guanella (364 posti) in Zona 8.
PERIFERIE, LA CULTURA RIGENERA
Si tratta di una situazione che, paradossalmente, diventa ancor più problematica per quei teatri che hanno sede in edifici di proprietà pubblica (edifici che, come noto, spesso rimangono abbandonati e inutilizzati, divenendo epicentri di degrado urbanistico e sociale). In proposito, riteniamo opportuno rammentare il Convegno “Futuro Periferie. La Cultura rigenera”, promosso lo scorso 8 giugno 2017 a Roma dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che proprio segnalava l’importanza sociale delle presenze culturali nelle periferie.
Allora, se le periferie sono una priorità sia per il Governo nazionale, sia per le Amministrazioni locali, va da sé che tali istituzioni dovrebbero avere uno sguardo complessivo su tali realtà, sapendo quante sono, valorizzandole ed “utilizzandole” nel migliore dei modi, prevedendo anche dei sostegni nei momenti di difficoltà. Insomma, avendo una visione “sistemica” che, però, non si riesce a strutturare. Così, tutto è un po’ lasciato al “fai da te”, con le difficoltà che aumentano quando i rapporti sono con le istituzioni.
TEATRO “LA SCALA DELLA VITA”
In merito, esemplare è la situazione in cui si è venuto a trovare il Teatro “La Scala della Vita”, situato nell’ambito dell’area dell’Ospedale Macedonio Melloni (Via Piolti de Bianchi 47), che ha una storia tutta da raccontare. Infatti, già nei primi anni del ‘900, nei sotterranei dell’allora Brefotrofio di Milano, fu creato il “teatrino del sorriso” per allietare le giornate degli orfani. Dopo la guerra, l’orfanotrofio chiuse ed il teatrino venne dimenticato e ridotto a magazzino. Ma, nel 2003, grazie a Guido Moro, primario del reparto di Neonatologia e Terapia intensiva, ed al contributo dei coniugi Alberto e Paola Anfossi, il teatrino venne sottoposto a restauro conservativo e riprese l’attività con la direzione artistica di Stefano Bernini, medico poi dedicatosi al teatro. Il Teatro divenne così l’espressione concreta dell’Ospedale Macedonio Melloni, che basa i propri fondamenti sul concetto “si cura il corpo con lo spirito e la mente”.
Tutto bene, allora? Non proprio. Lo scorso agosto, il teatro ha chiuso improvvisamente i battenti e adesso è fermo tra carte burocratiche e rimpalli di responsabilità. Stefano Bernini racconta che «in modo del tutto inaspettato, la Città metropolitana di Milano (ex Provincia), proprietaria degli spazi, ha cambiato la serratura dell’ingresso, non consegnando le nuove chiavi ai responsabili del Teatro. Alle richieste di spiegazioni, l’invito fu di rivolgersi all’Ospedale, al quale i locali sono affidati e che dal 2003 li concede in comodato gratuito al Teatro». La risposta dell’Ospedale? «I locali non sono a norma e quindi vanno tenuti chiusi» e ciò malgrado il Teatro si sia offerto di coprire i costi di ripristino. E qui siamo al “rimpallo”, evidenzia Stefano Bernini: «L’Ospedale afferma che vuole restituire gli spazi alla Città metropolitana di Milano, chiedendoci di liberarli degli arredi e di smantellare anche la struttura del foyer all’ingresso», mentre la Città metropolitana di Milano fa sapere che quando «gli spazi le saranno restituiti, deciderà se riportare dentro il teatro». Insomma, un luogo di cultura e di coesione sociale rischia di svuotarsi con sforzo e costo inutile, rischiando di non tornare più. Invece, in questi quindici anni il cartellone degli spettacoli è stato vivace, connotato socialmente per le attività a sostegno di adolescenti e bambini, forte anche di un sodalizio con Agdp-Associazione genitori persone down e con Icam-Istituto carcerario per mamme, nonché ricco di spettacoli di prosa per adulti. Poi, il Teatro, soprattutto di sera e nei fine settimana, era diventato un punto di riferimento per il quartiere, anche con il cineforum ad ingresso gratuito. Significativo anche l’apporto della Naba-Nuova Accademia delle Belle Arti, che aveva deciso di offrire fondali e scenografie per ogni spettacolo.
Ma, è possibile che sia questo il destino di un teatro, a Milano?